Per noi, temporanei edonisti, abituati alla libertà, al fluttuare infinito delle emozioni e alle onde delle passioni della vita, il vino sembra avere un destino crudele: ci appare incomprensibile il suo crescere ed evolversi all’interno di uno spazio vitale angusto fatto di oscurità e silenzio, per diventare, poi, pronto ad affrontare il mondo. Ma non è cosi.
Dopo aver sopportato i tumultuosi movimenti molecolari e le necessarie trasformazioni da zucchero ad alcol, imposte o autoimposte, il vino, ancora frastornato, esige un periodo di quiete per poter riflettere: ancora ingenuo e puro, all’interno del guscio vitreo nel quale viene costretto, è obbligato a concentrarsi su se stesso, a guardarsi dentro, individuando il suo magmatico nucleo vitale dal quale partire per un radicale percorso di crescita individuale. È un viaggio discendente alla ricerca intima di energie primordiali spesso inconsapevoli: un processo magico di affinamento che necessita di pazienza e determinazione. Il tempo, appunto, del buio e del riposo, in modo da divenire consapevole e pronto.
L’involucro vitreo, all’interno del quale il contenuto liquido evolve, va custodito, quindi, con estrema cura, rispetto e delicatezza in modo da agevolare il prezioso processo di trasformazione interna Ogni bottiglia sigillata custodisce un segreto. Restiamo spesso affascinati di fronte ad essa, osservandola con curiosità e bramosia: quale sarà il mistero gelosamente serbato al suo interno? Sorvegliamo scrupolosamente alcune bottiglie per anni, ogni tanto ammirandole, accarezzandole, parlandoci, pregustando la gioia nell’apertura, talvolta posticipandone, volutamente e crudelmente, il piacere dell’assaggio. Quale evento della nostra vita avrà l’onore di essere festeggiato con essa? Alcuni vini sussurrano con voci sinuose attraverso il vetro, come le sirene di Ulisse, e noi non possiamo far altro che subire il loro fascino e cedere, irresistibilmente, con la cupidigia tipica dei nuovi esploratori.
La magia è lì, pronta per essere rivelata: basta un semplice gesto, aprire la bottiglia, e anche noi ne faremo parte. È necessario concentrarsi e meditare su quel’istante perché stappandola, come un vaso di Pandora, manifestando il suo misterioso contenuto liquido, perderà un po’ di incanto e con esso i suoi celati segreti, le sue intime emozioni, i suoi errori, terminando così un importante ciclo di vita. Per sempre. A noi resta, in fondo, solo la speranza del gustare il meglio nel modo migliore. È auspicabile, quindi, predisporsi in maniera edotta per questo avvenimento: con gesti eleganti e precisi si rimuove accuratamente il sigillo e si centra il cuore del tappo; la vite penetra al suo interno per poi, in un istante liberatorio, estrarre il turacciolo. Si avvicina infine il naso, nel tentativo di carpire l’essenza di quel liquido e il profumo del suo mistero.
Portamento e strumenti adatti coronano la bellezza di questo attimo: il cavatappi è il mezzo che permette l’epifania dell’amore per la terra e per i doni che offre; non è un oggetto banale, ma rappresenta l’occasione di far emergere tutto il mondo racchiuso all’interno di un simulacro.