Molte furono le novità in cucina in seguito alla Rivoluzione Francese (1789). Tra queste, due divennero le più interessanti per la storia della gastronomia: il nuovo ruolo dell’alta borghesia che si prese lo spazio lasciato dall’Ancien Régime nella società, nella cultura e, naturalmente, in cucina, e la nascita dei ristoranti. Fu in questo periodo, infatti, che nacque la figura del gourmet, letterato ed esperto di buon gusto nella vita e a tavola, dal palato esigente ed elegante, abile conversatore e acuto osservatore, frequentatore di ristoranti e, quindi, preparato a educare i nuovi ricchi. D’altronde ricevere ed essere ricevuti, invitare e farsi invitare, era un’arte da insegnare e apprendere.
Tra questi illustri intellettuali e magnifici anfitrioni ci furono Charles-Maurice de Talleyrand (1754-1838), statista e diplomatico, i cui successi al Congresso di Vienna (1815) passarono sicuramente attraverso i ricchi banchetti da lui organizzati. Vi fu, poi, Alexandre Balthazar Laurent Grimod de La Reynière (1758-1837), magistrato e habitué dei numerosi ristoranti sorti a Parigi dopo la Rivoluzione, dei quali curò una sorta di guida dal 1803 al 1812, l’Almanach des Gourmands. In Italia, un vero gourmet fu il medico Giovanni Rajberti (1805-1861), che ne “L’Arte di convitare spiegata al popolo” del 1850 descrisse i modi di ospitare e stare a tavola.
A questi si aggiunse Jean Anthelme Brillat-Savarin (1755-1826) autore de La fisiologia del gusto o meditazioni di gastronomia trascendente (1825), tutt’ora piacevolissimo e testo fondamentale per la storia della gastronomia.