Affetto da una malattia genetica, la sindrome di Marfan, e non per colpa di una caduta accidentale, come vuole la leggenda, Charles-Maurice de Talleyrand-Périgord (1754-1838) aveva un piede talo e zoppicava, cosa che determinò il suo carattere e anche il suo destino.
Il motto del principe era: “Quando un negoziato va male, bisogna dare un pranzo.” Era, infatti, un grande sostenitore della “diplomazia gastronomica” secondo la quale non esisteva altro luogo migliore dove riunire le persone a discutere, se non la tavola. L’eleganza tipica dell’aristocrazia settecentesca, assieme a una grande passione per la cucina “alta”, lo resero un grande anfitrione, capace di porzionare abilmente un arrosto a tavola e servirlo ai suoi ospiti.
Ideatore di cene e balli ai quali tutti ambivano a partecipare, il principe di Benevento ebbe a servizio, non a caso, Marie-Antoine Carême, il cuoco dei re e il re dei cuochi, al quale lo legò una stima che durò fino alla morte. Due maestri che, insieme, collaborarono alla rivoluzione gastronomica tra i due secoli: l’arte culinaria di Carême, la sua creatività e la sua abilità si unirono all’eleganza, ai gusti raffinati e alla passione per la tavola del principe gourmand, codificando così un nuovo stile di cucina, più semplice rispetto a quella settecentesca ma dalle ricette raffinate e scenografiche, senza mai abbandonare la nostalgia per le “grandes tables” e “les grandes manières” dell’Ancien Régime. “Se non si è vissuto prima della Rivoluzione, non si conosce il paradiso”: questa una delle frasi celebri del nobile gourmet.